Perché nelle olive in salamoia c’è l’acido lattico?
Sull’etichetta delle nostre olive taggiasche biologiche in salamoia c’è scritto “acido lattico E270“.
Un amico ci ha chiesto il motivo, sottolineando come olive di un altro produttore non riportassero la stessa dicitura.
Facciamo un passo indietro, nel momento in cui le olive, scelte, vengono messe in salamoia.
Nel fusto, insieme alle olive, uniamo acqua, sale marino e timo raccolto in giornata. Siamo fortunati: cresce proprio in cima alla campagna dove c’è il frantoio.
Prima di sigillare il fusto, cerchiamo di evitare la presenza di bolle d’aria introducendo CO2.
L’anidride carbonica non serve a rendere la salamoia frizzante ma a ridurre l’ossigeno e limitare lo sviluppo della flor: quel velo bianco -che i nonni liguri chiamavano maire (madre)- formato da batteri e muffe. La flor può portare a fermentazioni incontrollate e difetti. È come utilizzare uno smartphone bendati: puoi chiamare un amico, attivare il roaming all’estero o pubblicare un selfie benda inclusa.
Messa in sicurezza la salamoia, sigillato il fusto, nei mesi seguenti si innesta il naturale processo di fermentazione lattica: dai pochi zuccheri presenti si produce una modesta quantità acido lattico che, insieme al sale, conserva le olive.
Per assicurare un prodotto costante nel tempo, durante la lunga fermentazione -almeno 6 mesi- misuriamo il Ph della salamoia. Al momento del confezionamento aggiungiamo, se necessario, alcune gocce dello stesso acido lattico, chiamato commercialmente E270. Viene prodotto in modo naturale, ad esempio, con la fermentazione della melassa.
Un Ph di 4.0 ci permette di proporvi un prodotto sicuro e stabile, prevenendo in modo naturale lo sviluppo della flor.
In conclusione: tutte le olive in salamoia prodotte in modo naturale e tradizionale contengono acido lattico. Ulteriore acido lattico o citrico può essere aggiunto per stabilizzare la salamoia.
Mantenere un Ph diverso da quello ottimale equivale all’uso dello smartphone con una benda sugli occhi.
Nicola